I social come un citofono

Se c’è una cosa che mi piace fare, questa è utilizzare gli strumenti in modo improprio o inusuale. Questo valga per una ricotta (mi fa impazzire mescolarne qualche pezzo nella mia tazzona di caffelatte mattutina), che sia per l’italiano (usare gli intransitivi in modo transitivo) o che sia un social.

Mi piace usare il social network per portare avanti discussioni private, un po’ come quando si sale in autobus mentre parli con un amico e, pur mantenendo un tono di voce basso, alcuni ti ascoltano e tu ne ne disenteressi (non come molti fanno ai quali piace essere spiati e alzano il tono in una forma di voyeurismo all’inverso).

Spesso inizio discussioni il cui interesse “social” è pari a zero per gli altri con il mio amico Massimo Tranquilli. E’ come se utilizzassi internet come citofono. “Maxi! Scendi!”. Solo che quel messaggio fa il giro del mondo prima di arrivare dal bottone del portone sino al quarto piano.

Così pubblico una foto che semplicemente mi piaceva, una nave arenata, piegata. Claudia, forse provocatoriamente o perché mi conosceva, mi fa una semplice, banalissima e forse per questo bellissima domanda: “Cosa fa questa nave?”. Ma cosa può fare una nave mi chiedo io!? Sono queste domande secondo me che portano avanti il mondo.

Io, facendo finta che sia una domanda seria, che veramente chiede quello che sta chiedendo, non posso far altro che scrivere qualche riga.

Piegata su un verso, la nave ripensava a cosa aveva fatto. Una nave non guarda mai il mare, ma il cielo. Questa, invece, si accorse della propria ombra sul manto acqueo. Il cielo stellato scomparve in quella zona e anche il mare. L’ombra era anch’essa una descrizione. Proprio come i delfini che usano il radar per vedere cosa hanno a distanza. Quella sera quell’assenza la colpì. Si piegò e rimase così. Incagliata, ad ammirare quel fiume di stelle che poggiava proprio sopra la sua cima. Con la propria ombra che faceva lo stesso.

Non è una poesia, non è una prosa. E’ semplicemente e veramente il flusso di pensieri che mi esce quando vedo qualcosa di “bello”. Ora che ha fatto uscire il pesce dalla tana, Claudia risponde con un suo, di pensiero. Un po’ come quando alcuni cantanti si incontrano e uno comincia a cantare. Anche l’altro si aggrega. E ancora un altro.

Piegata su un verso, una nave voleva sbirciare il mare per guardare le stelle: non si voleva accontentare del cielo per ammirarle tutte, voleva vederle per sopra ma anche per sotto. Lo specchio dell’acqua, sempre in cerca di nuovi riflessi avvisò l’ombra che con la sua mano pesante tirò di nascosto un pezzetto della nave a sé. Questa, improvvisamente, perdette l’equilibrio e il suo punto di vista si perse profondamente nel buio. In quella sagoma immensamente oscura, più del cielo e del mare, la nave riconobbe se stessa infinitamente immensa. Si piacque così tanto che restò così a lungo, piegata su un verso. (Claudia Onisto)

Ecco Massimo, allora, che scrive il suo. Ognuno di noi ha cosi espresso quello che aveva dentro, le immagini che hanno scaturito una semplice immagine. La vita che ci passa davanti agli occhi così prende un senso, un verso, un significato.

Noi esseri umani viviamo una vita intera alla ricerca delle stelle e le cerchiamo nel luogo più probabile: il cielo. Alcuni di noi si accorgono che nelle storie che esse riflettono, ci sono mondi che andrebbero esplorati a fondo. E pochi sono come quella nave, apparentemente immobili nel loro viaggio. Semplicemente la maggior parte non ha ancora capito che la strada per le stelle è diventare stella e abbandonare la fisicità dei pensieri. Ecco che rendendoci conto di questo, ci accasciamo di lato, come morti, indicando la strada agli altri. Ancora una volta, la maggior parte, vedrà una barca. Pochi percepiranno la forza. Uno solo si avvierà nella direzione indicata. (Massimo Tranquilli)

C’è una domanda che faccio sempre agli allievi dei corsi che tengo: se doveste rappresentare la vita, quale metafora usereste? Dopo che hanno risposto tutti, arriva la mia.
Se io dovessi girare un video che rappresentasse la metafora della vita, girerei la vita stessa.

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