Treasures from the Wreck of the Unbelievable – HIRSTvsBANSKY

TREASURES FROM THE WRECK OF THE UNBELIEVABLE

La parola provocazione ha fatto il suo percorso ed è infine morta, uccisa dai suoi stessi creatori. Ora riposa nello stesso cimitero dove possiamo trovare, tra le altre: gratis, narrazione, di fatto, sostanzialmente, personalmente etc. Adesso agli artisti tocca tornare su percorsi più “arte nativi” e meno alternativi. Ma è proprio quando si pensa che la strada sia spianata che ti ritrovi con un masso in mezzo alla strada. O più semplicemente si tratta di una buccia di banana.

“Treasures from the wreck of the unbelievable” è una buccia di banana. Perchè Hirst altro non ha fatto che aver creato un parco a tema pretenzioso, pensando invece di trovarsi ancora nel regno dell’arte e non in quello dell’arte come giardino dell’eden delle provocazioni, dove ognuno può meritarsi la medaglietta di coraggioso attentatore alle regole strutturate e imposte dalla cattiva società.

Della mostra c’è la premessa narrativa: una fantomatica missione sottomarina che ha ripescato dalle profondità marine reperti di una misteriosa antica civiltà. I due video che la narrano sono splendidi, in alcuni passaggi addirittura toccano momenti di grande cinema, evocativo e avvolgente. In particolare una passeggiata tra i fondali con ogni sommozzatore che porta con sé un reperto.

Ma dopo l’immersione cinematica,cosa ha prodotto questa missione della fantasia? Meri stampi in plastica (chiamarle statue o sculture sta male, non mi viene proprio) che dovrebbero rappresentare i reperti ritrovati ma invece si prova solo il tentativo di farci immergere nell’unica vera metarealtà sulla terra credibile: Disneyland. Ma di Disneyland non può, evidentemente, vantare l’umiltà di artigiani misconosciuti che riescono a far sognare con l’abilità delle loro mani, al contrario è arroganza. A questo punto il mio pensiero è subito andato a Dismaland di Bansky. Il collegamento è obbligato. Hirst apre una Disneyland delocalizzata, Bansky invece evoca il fantasma della sua consorella, uccisa per gelosia fraterna. E’ uno spettro che si trova su una realtà parallela, certo, ma dista solo ad uno scalino di distanza dalla nostra. Bansky apre la finestra, noi ci guardiamo dentro, ma quando rimettiamo fuori la testa, ci rendiamo conto che elementi di quella realtà hanno già violato la nostra. Hirst, invece, afferma quanto sia bella la realtà e non c’è bisogno di trovarne un’altra. Il suo è un percorso inibente, ci rifila la sua busta di pasto già pronti, così noi non abbiamo bisogno di cucinare.

Dismaland, di Bansky scardina l’immaginario collettivo, ricolloca quel modello di socialità, quel modello immersivo dove non è mai stato: nel tassello inesatto. Bansky ci vende il biglietto per le prospettive sbagliate che aiutano a vedere quelle corrette. Bansky, così come un ingegnere che sposta masse di cemento, sposta i canoni. Hirst invece pensa di essere un genio della meccanica dei liquidi solo perché ha scoperto l’acqua calda.I parchi giochi sono già inventati!!!

Tresures VS Dismaland.

Si entra a Palazzo grassi e ci troviamo con l’incredibilmente grande. Le dimensioni contano, evidentemente, anche nell’arte. Un calco in plastica di un Nettuno dei bassifondi che dovrebbe ancora rappresentare qualcosa, forse. Ma non rappresenta altro che le dimensioni contano. Come quelle del numero di diamanti posti sulla superficie di un teschio. E’ il mercato. Ma penso che sia più un mercato come quello dei like che si acquistano attraverso agenzie specializzate o della classifica delle labbra più carnose reso invalido dal botox.

In Treasure troviamo un Topolino tra i reperti. Ancora? Il pop ha reso arte una scatoletta di pomodori, ma tutto ha una fine. Invece continuiamo a trovare personaggi icone, loghi di multinazionali del food tra i pezzi dei una mostra. Dismaland invece fa trovare anch e lui icone pop? Ah, si certo, lo Stormtrooper di Guerre stellari che ciondolano stanche e tristi, scritte su cartelli luminosi stradali inneggianti a stati depressivi e autolesionistici.

Finti medaglioni, finte teste di presunte regine, rappresentazioni di mostri mitologici. Un grande medaglione è praticamente copiato proprio da quello dei Pirati dei caraibi. Ma il tour a Disenyland è certamente più divertente. Un’altra grande “scultura”, Di un viola del tono cazzotto in un occhio. una scena di combattimento marino, con vari personaggi presi dai miti, dal cinema e chi più ne ha…Penso che non basti prendere varie icone, più o meno conosciute e unirle, miscelarle in una situazione dinamica per avere la facoltà di creare.

Se Dismaland avesse un tunnel dell’orrore avrebbe le sedie a forma di poltrona, con televisore davanti sulle immagini della Siria e dintorni. E una morte che gira tra i calcinculo comunque la possiamo trovare.
La morte invece in Treasure è finta, è un polimero. Non si trova più ’impossibilità fisica dell’idea di morte nella mente di colui che vive. La morte è un qualcosa di dissotterrato, che non fa paura minimamente ma che non provoca neanche nessun’ altra emozione che non l’assenza di emozioni. Se ti giri a guardare dall’altra parte, nella parte della fantasia sterile, non vedi nulla. In Dismaland la morte torna a fare il suo mestiere: far paura. Perché la vita stessa fa spesso paura.

In comune comunque ce l’hanno una cosa: lo spazio mostra cambia sempre di più. Sembra quasi che non essendoci più contenuto, il contenitore ha cominciato ad evolversi.

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