E’ arrivato l’ArtiFestival

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Finalmente è arrivato. Dopo anni passati a girare i festival di cortometraggi con i miei lavori (da Los Angeles sino a Tokyo!) mi chiedevo come mai non ci fossero festival di arte. Ok, forse ce ne erano, ma non ne sentivo parlare. Non parlo di biennali o di mostre mercato (a Reggio Emilia c’è stata Immagina Arte in Fiera per un po’), ma di una trasposizione nell’arte di quello che ho vissuto girando i “miei” festival. Ricordo la grande vitalità, lo scambio, persone da tutto il mondo. Insomma, i cortometraggi lì vivevano, e alla grande. 
Un traguardo. Dopo qualche anno di attività e di sviluppo di tracce concettuali, di percorsi espositivi su un esperimento di collettivo artistico come  L’Artificio, io (vice) e Lucio Braglia (presidente) ci siamo detti che era arrivato il momento di proporre un qualcosa di meno sporadico e specifico rispetto a una mostra collettiva, pur se quasi sempre all’interno di tematiche molto originali (scusate l’immodestia).
Volevamo qualcosa che fosse sintesi di arrivo e di ripartenza, che si creasse l’attenzione su un focus importante ma soprattutto serio sulle prospettive dell’arte attraverso gli occhi chi l’arte la fa e la vive. Sarebbe stato un soddisfacente traguardo degno di quello che abbiamo sempre definito “laboratorio” di artisti.
Perché? Perché un festival di arte a Reggio Emilia? Ma perché non c’era! Che cos’è un festival di arte? Ce lo domandavamo perfino noi mentre lo concepivamo. Però sapevamo che doveva essere  un evento attivo e dinamico, non semplice esposizione di lavori ma momento di lavoro. Un evento che desse la possibilità al visitatore, appena oltrepassata la soglia dell’uscita, di percepire una sensazione di reale, di aver vissuto un’esperienza concreta, collegata alla propria realtà, non come quegli eventi autoreferenziali o astratti, disegnati su strategia incomprensibili. 
Il mondo dell’arte è molto cambiato e, a mio parere, non sa più dove andare. Non parlo di un mercato dell’arte gestito da grosse realtà, parlo dell’arte né alta né bassa, ma eventualmente media. Quella della ricerca onesta e sincera, dell’analisi approfondita, quella spinta da un “Moto perpetuo di pensiero”, come da pay off che studiai per il nostro assembramento di menti e che risulta sempre molto attuale. 
L’ArtiFestival, chi sei? L’ArtiFestival nasce per guardare il mondo espressivo artistico. Quello che ci interessa è posare l’attenzione alla contemporaneità non come prototipato di genere ma come tendenza che non faccia rima necessariamente con moda. La tendenza è un segnale, la svolta di un fluttuante viaggio indotto o voluto da un arbitrio libero di una determinata massa. E la tendenza, ci sembra, è quella di un ritorno all’origine, contrapposta a quei percorsi astrusi, spesso mascherati da un astrattismo o concettualismo di pura maniera.
FilosofiVSArtisti. L’incapacità di astrazione, la mancanza di visione unita a un concretezza relativa al mondo e alla società in cui noi artisti potremmo essere attori protagonisti è lampante.Chi viene chiamato per commentare e interpretare gli eventi della società? I filosofi. Sempre più i filosofi, quasi mai ormai gli artisti. Sono i filosofi che stanno tracciando il futuro. L’immagine del filosofo con curvatura, barba, occhialini e forfora d’ordinanza sulla giacca pelosa marrone che si specchaiva su quella dell’artista elettrico e animato dal fuoco eterno dell’eccitazione svelante di altre dimensioni è scemata. C’era un tempo in cui il filosofo interpretava il presente, all’artista era riservato il futuro. Adesso il filosofo ha esteso il proprio campo d’azione, viene invitato alle trasmissioni di approfondimento, invade il web, diventa influencer.  
Naming. Creare un logo e il nome per un servizio, un prodotto, un brand è una delle più emozionanti e alte attività che la fortuna mi riserva nella vita. Sintetizzare per arrivare a soluzioni visivo/letterarie, tecnicamente un problem solving, ti fa atterrare su espressività sconosciute. Ho ragionato molto su cosa volessimo esprimere. Il festival non doveva essere legato a una dimensione locale o legata al nostro gruppo, non era la nostra festa, era la festa di tutti gli operatori e amanti dell’arte. Però un po’ più di noi…il suffisso L’Arti(ficio) era perfetto, inserirci di seguito la parola Festival, è stato un gioco da ragazzi. 
Logo. Volevo che esprimesse sobrietà. Via ogni riferimento a una fascinazione classica (gli accademici esprimono generalmente tristezza), quindi scelta su font senza nessuna grazia (sans serif). Ma non volevo neanche cadere nell’estremo opposto, che andassimo a finire su un piano fumettoso. Il punto era “siamo contro l’accademismo” ma non siamo “fumettari”. Trovato! Eccolo: Berlin sans demi. I colori, rosso e blu, passione e professionalità.
Questione di tema. Abbiamo sempre sviluppato mostre su un tema. Anche per questo festival ne sentivamo la necessità. Ma con il Covid sul collo non era facile. Non ci sembrava il momento adatto a cercare un tema, per quanto originale, che non tenesse conto del momento specifico. Era proprio questo il momento di parlare della sfocata figura dell’artista all’interno della società, quando tutti erano costretti a un lockdown mai visto? Sì, ci siamo detti, era anzi il momento più appropriato. Alzare la voce in un momento di solitudine per urlare la propria, di solitudine. 
Riprendiamoci!”. Riprendersi gli spazi, la dignità e il ruolo di visionario sociale che un tempo era una nostra prerogativa quasi esclusiva. 
Adesso invece cosa ci ritroviamo? Artisti che fanno marketing shock. Ma sentiamo critici d’arte e accademici che se non vediamo l’artisticità di tali esibizioni è per mancanza di contestualizzazione, perché non seguiamo il percorso tracciato da chissà quale linguaggio. No signori, quando inizia bluff, i giocatori più svegli se ne accorgono e lasciano il tavolo.
Naming. Nei momenti di pericolo, bisogna far uscire gli attributi per poter lasciare un segno. Segno e ferita: Artisti con gli artigli. E il naming è fatto.
Logo. Il font è arrivato da solo: qui si parla di una partita dura come solo un incontro di rugby americano può essere. Gli artigli: l’immagine di Logan degli X Men con i suoi artigli mi ha ispirato. Ma io volevo mettere l’accento su quello che un artista può lasciare, non sulle sue rutilanti abilità o teorie.
Per concludere. Vi aspetto quanto meno al mio seminario: Arte e Tecnologia, gemelli diversi. Un viaggio sul come la tecnologia ha modificato la genetica dei vari linguaggi dell’arte. Mi interessano solo quelli che veramente hanno significato qualcosa di importante. Il tutto, ovviamente, con il mio particolare modo di raccontare. I posti sono limitati: 40. E a oggi, senza nessuna campagna social fatta partire (stavolta ci investiamo qualcosina in più) sono a 15 posti prenotati. Che cosa state aspettando?!
Leggi il programma dei seminari e laboratori ed effettua l’iscrizione (obbligatoria)
www.lartifestival.it
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