Verso l’allotrimento cognitivo

Scopiazzare

(Allotrimento, neologismo: alló- (ἄλλος) = altro, estraneo; -trimento / -trire = logorare, consumare, deteriorare, come in “attrito”, “tritura­re”)

“Viviamo tempi difficili”. Quante volte abbiamo sentito questa frase in film storici o dai nostri nonni e bisnonni? Perché dovremmo usarla oggi, quando tutto appare più semplice, immediato, a portata di mano? Proprio questa apparente facilità dovrebbe preoccuparci. Io, per esempio, uso la bicicletta ogni giorno: mi ricorda che per spostarmi da un punto all’altro serve ancora un gesto fisico, non solo premere un pulsante. Sì, tecnicamente è sufficiente premere il pedale, ma quella semplicità nasconde una distanza crescente dal mondo reale e dalle sue conseguenze, come vediamo nella devastazione ambientale derivata dalla comodità industriale.

Qualcosa di simile sta accadendo oggi con ciò che molti chiamano con entusiasmo “nuova rivoluzione industriale”, attribuendole la stessa aura illuminista di progresso benefico per l’uomo e l’ambiente. Ma questa volta non stiamo parlando di macchine a vapore né di motori a combustione: stiamo parlando della rivoluzione dell’intelligenza artificiale.

Se confrontiamo le due trasformazioni storiche, emerge un punto fondamentale: l’industrializzazione dell’Ottocento ha ridimensionato o eliminato alcune professioni, ma ne ha create molte di più. Ha costretto l’uomo ad ampliare le proprie capacità e competenze. Per decenni si è temuto che le macchine avrebbero sostituito l’uomo, ma non è mai successo: ogni innovazione tecnologica ha comunque richiesto presenza, controllo e sviluppo umano.

Con l’intelligenza artificiale, invece, il quadro è diverso. Siamo già oltre il semplice rischio. Siamo entrati nell’era della delega cognitiva all’esterno del cervello umano, un fenomeno ormai studiato da neuroscienziati e ricercatori. Io lo definisco con un neologismo: allotrimento cognitivo. L’allotrimento è quel processo per cui la mente, nel delegare, smette progressivamente di essere se stessa e si logora diventando “altro”.

Come mostrano ricerche come quelle di Sandra Grinschgl e Aljoscha C. Neubauer (Supporting Cognition With Modern Technology: Distributed Cognition Today and in an AI-Enhanced Future), la nostra capacità cognitiva sta cambiando non solo mentre utilizziamo sistemi intelligenti, ma anche dopo averli spenti. La fisica e divulgatrice Sabine Hossenfelder ha trattato questo tema in modo diretto, mostrando come l’uso di IA testuali induca una sorta di “pigrizia mentale” persistente anche quando smettiamo di usarle: https://youtu.be/H3_6sRXr16M

Se questo allotrimento cognitivo è rischioso per un adulto, proviamo a immaginare il suo impatto su un adolescente, un ragazzo, un bambino. Un cervello in formazione che cresce con uno smartphone in mano già a otto anni, con funzioni AI integrate in ogni applicazione. Significa impostare sin dall’inizio una mente che vive in attesa, sospesa, sempre pronta a chiedere, sempre pronta a delegare. Un cervello che invece di sviluppare le proprie connessioni apprende a restare in standby tra una domanda e la successiva alla propria protesi artificiale.

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